Giochi di prestigio e trasmutazioni

Perché dalla mozione no. 50 del Consiglio regionale FVG ci si salva tutti. Oppure nessuno.

Nicoletta Bourbaki

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Chi scava una buca sotto qualcun altro, vi cade dentro da solo.

Il proverbio, diffuso in tutti i Balcani, per una curiosa coincidenza in sloveno e croato usa, a indicare la buca, la parola jama, la stessa con cui vengono definite le foibe. In questa duplice accezione, descrive ottimamente il piccolo dramma che si sta consumando in Friuli Venezia Giulia in questi giorni.

Per rischiarare meglio il fondo degli abissi di ipocrisia spalancati dalla Mozione n. 50 approvata nella XII legislatura regionale è inoltre opportuno tenere a mente che il detto deriva dai Proverbi:

27 Chi scava una fossa vi cadrà dentro, e chi rotola una pietra gli ricadrà addosso.

28 La lingua bugiarda odia quelli che ha ferito, e la bocca adulatrice produce rovina.

Pochi giorni fa scrivevamo:

Resta impressionante che Pupo sia passato in meno di due mesi dall’emettere patentini di “negazionismo”, “riduzionismo”, “giustificazionismo” a subire il bollo di cui ha creato lo stampo. Staremo a vedere se, e attraverso quali funambolismi, gli attestati di solidarietà che seguiranno faranno una distinzione tra la sua recente e inaspettata sventura e quella degli storici bullizzati, prima che da Fedriga, da lui stesso.

Detto fatto. Dopo nemmeno quarantotto ore Pupo ha diffuso un comunicato e rilasciato delle interviste, nelle quali — camuffate tra sagge considerazioni di filosofia della storia e aderenza al metodo, proprio da lui che finora, della nuova storiografia sul confine orientale, è stato l’interprete istituzionale — compaiono nette e vergognose insinuazioni.

«È da più di 20 anni che mi occupo di queste faccende. Ho sempre cercato anche di combattere quelle che sono effettivamente delle istanze negazioniste, peraltro limitatissime, esistenti in alcuni ambienti della sinistra antagonista»

In sostanza Pupo sembra quasi segnalare ai latori della mozione di essere in fondo uno di loro, un vendicatore di torti politici. In questo senso pare attingere più alla sua esperienza di segretario provinciale della Democrazia Cristiana che alla successiva carriera di storico.

Sede della Democrazia Cristiana di Trieste, 1985. Da sinistra a destra: Franco Richetti, sindaco di Trieste; Adriano Biasutti, Presidente della Giunta Regionale; Raoul Pupo, Segretario Provinciale della Democrazia Cristiana; Amintore Fanfani, Presidente del Senato. Fonte: ERPAC FVG

Eppure la stessa mozione con la quale anche il suo lavoro è stato attaccato avrebbe dovuto fargli intuire che almeno stavolta fosse il caso di evitare ulteriori richiami ai termini “riduzionismo” e “negazionismo”, soprattutto per via del passaggio nel quale, per tagliare i fondi agli istituti che si occupano di storia della resistenza antifascista, la mozione si richiama alla legge contro le affermazioni negazioniste della Shoah mentre in parallelo si dà per assodato che il fenomeno delle “foibe” sarebbe stato uno strumento di “pulizia etnica”.
Su questo Pupo si sarebbe dovuto scagliare anzitutto in questi giorni, perché di fatto con questa mozione si dà dignità normativa all’aberrante parallelo rigurgitato da Matteo Salvini lo scorso 10 febbraio: «I bimbi morti nelle foibe e i bimbi di Auschwitz sono uguali». Se la stessa veemenza usata per deviare dalla sua persona l’accusa di “negazionismo” fosse stata profusa dal professore per contestare, dalla sua posizione di storico, una tale affermazione, la sera stessa del 10 febbraio avrebbe gridato al mondo che ad Auschwitz morirono 230.000 bambini, ma nemmeno uno fu infoibato con certezza nella Venezia Giulia. Non l’ha fatto, e anche troppi suoi colleghi si sono astenuti dal farlo.

In estrema sintesi il concetto di “negazionismo delle foibe” alla Pupo, infarcito di giudizi politici e fondato sulla preminenza delle intenzioni e delle percezioni (rispettivamente quelle attribuite agli jugoslavi e quelle provate dagli esuli), negli anni è progressivamente germinato in seno alle istituzioni italiane fino a venire ripreso nel discorso di Mattarella dello scorso 10 febbraio. In esso le foibe vengono descritte in questi termini:

Non si trattò — come qualche storico negazionista o riduzionista ha voluto insinuare — di una ritorsione contro i torti del fascismo. Perché tra le vittime italiane di un odio, comunque intollerabile, che era insieme ideologico, etnico e sociale, vi furono molte persone che nulla avevano a che fare con i fascisti e le loro persecuzioni.

Il passo è stato da qui brevissimo — infatti ci sono volute letteralmente poche ore — perché, tra i “bambini gettati nelle foibe” di cui ha parlato Salvini e l’italianità di Istria e Dalmazia evocate da Tajani, lo spettro del “negazionismo/revisionismo” venisse a materializzarsi sopra lo stesso Pupo. La cosa non può sorprendere. Le sue interpretazioni, vaghe sul numero delle vittime e continuamente rinegoziabili, sono infatti strutturalmente troppo deboli per porre un serio argine a una polemica gestita fuori dagli ambienti politici tradizionali, che avevano portato Pupo in palmo di mano fino al Quirinale.

In definitiva un concetto — quello di negazionismo/riduzionismo — che è stato concepito come duttile strumento per comminare condanne politiche, una volta sfuggito di mano agli ambienti di certa storiografia triestina, nel cambio generale delle coordinate del sistema partitico è stato agevolmente usato contro di loro.

Una (e)mozione che viene da lontano

Ma torniamo al documento approvato dal Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia. Dopo che la Commissione Cultura della Camera dei Deputati, su proposta di Fratelli d’Italia e con il voto favorevole del M5S, ha approvato a fine gennaio di quest’anno una mozione per consentire solo ai membri dell’associazionismo esule e alle vittime di parlare nelle scuole attorno al 10 febbraio, alcune amministrazioni comunali hanno fatto seguito con documenti praticamente identici, tra cui la Mozione 862 del Comune di Verona.

La Lega friulana ha dunque approvato a sua volta una mozione atta «a sospendere ogni contributo finanziario e di qualsiasi altra natura (es. patrocinio, concessione di sale) a beneficio di soggetti pubblici e privati che, direttamente o indirettamente, concorrano con qualunque mezzo o in qualunque modo a diffondere azioni volte a non accettare l’esistenza di vicende quali le Foibe o l’Esodo ovvero a sminuirne la portata e a negarne la valenza politica.»

La mozione si può variamente inquadrare come una misura pensata per mettere pressione ai vari enti operanti in regione nel mondo della cultura, sospetto rafforzato dalla quasi coeva polemica sulla drastica riduzione dei contributi versati dal Comune di Udine al Premio Terzani, sprezzantemente definito “roba da comunisti”.

Approvata il 26 marzo con i voti dei rappresentanti della Lega e di quelli del M5S, non è stata votata dal PD che ha compattamente abbandonato l’aula in segno di protesta. Non così l’ex sindaco di Udine Furio Honsell, che ha votato sì dichiarando a tutta prima di averlo fatto «per mettere la parola fine alle strumentalizzazioni». Non è stata una mossa troppo felice.

Il testo della mozione, infatti, è letteralmente tutto un programma.
I primi capoversi sono dedicati rispettivamente ad un attacco diretto all’ANPI e agli storici protagonisti dell’evento organizzato a Parma lo scorso 10 febbraio, mentre il secondo attacca il Vademecum per il Giorno del Ricordo prodotto dall’ Istituto Regionale per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea IRSREC FVG di Trieste .
La “sorpresa” è che i termini usati per definire il “negazionismo delle foibe”, ovvero «azioni volte a non accettare l’esistenza di vicende quali le Foibe o l’Esodo ovvero a sminuirne la portata e a negarne la valenza politica» sono, nell’ultima parte, una citazione testuale del Vademecum stesso, documento che si trova dunque a fornire gli spunti per la propria stessa censura.

Il testo del “Vademecum” è disponibile al seguente link.

Certo, avendo a mente che il Vademecum è opera proprio di Pupo, che il concetto di negazionismo delle foibe l’ha inventato assieme a Spazzali nel 2003, non sorprende che gli autori della mozione Camber e Ghersinich non abbiano trovato di meglio da citare. Di nuovo, quindi, Pupo contro Pupo.

Gli autori del Vademecum, in ogni caso, a tutta prima non hanno trovato di meglio da fare che prendersela con il PD e con Honsell. Al secondo Pupo ha indirizzato una lettera denunciando «il tentativo di ridurre il Giorno del Ricordo a manifestazione di nazionalismo nonché ad occasione di spartizione di quattrini fra gli amici degli amici». Un’affermazione interessante considerato che Pupo è stato Segretario dell’IRCI, l’Istituto di cultura istriana sorto a Trieste come conseguenza della legge istitutiva del Giorno del Ricordo, nel periodo in cui il contabile Stefano Nedoh, nel 2014, ha distratto dal bilancio 28.000 euro per pagare delle spese dentistiche e acquistare un immobile.

Soprattutto, denunciare «il tentativo di ridurre il Giorno del Ricordo a manifestazione di nazionalismo» è paradossale oggi, perché non c’era bisogno di aspettare l’incidente diplomatico causato da Salvini e Tajani, risalendo la querelle tra Mesić e Napolitano all’ormai lontano 2007. Questo perché il “dispositivo foibe” è intrinsecamente nazionalista. Il Giorno del ricordo ha finito per fungere da Giorno della rimozione del colonialismo, dei crimini del fascismo, dell’odio antislavo.

Tornando a Honsell, questi nel rispondere a Pupo ha lasciato intendere di non aver neppure colto a chi la mozione si riferisse concretamente. Nel messaggio però, ha almeno espresso solidarietà ad Alessandra Kersevan.

Non così Pupo, che non ha voluto né cogliere l’occasione per tendere la mano ai suoi compagni di sventura, né obbedire alla buona norma, molto a buon mercato, che consiglia di mostrare un briciolo di solidarietà a dei colleghi.

Il professore, invece, asserragliato nella cabina di comando a sfidare la tempesta, ha affidato alla stampa l’ennesima — e ormai scaduta — ripetizione degli assiomi su cui ha fondato la propria fortuna personale:

  • Proporsi come principale interprete e massimo esperto del tema storiografico delle foibe sottacendo tutti gli studi che sono stati prodotti nello stesso Istituto prima di lui e così di fatto avallando la vulgata secondo cui di foibe non si sarebbe mai parlato se non negli ultimi vent’anni.
  • Nascondersi dietro l’Istituzione.
  • Sfoderare il merito di fungere da argine alle esagerazioni della „destra“ dopo aver passato anni ad intrattenere rapporti organici con l’associazionismo esule e non aver disdegnato collaborazioni con personaggi e situazioni ambigui. Come Lorenzo Salimbeni, il prefatore del famigerato fumetto su Norma Cossetto acquistato in massa dalla regione Veneto e distribuito nelle scuole, assieme a cui Pupo ha partecipato ad un seminario del MIUR sulla storia del „Confine orientale“. Assieme hanno inoltre collaborato con la rivista di estrema destra Storia in Rete.
    Del resto, se ha funzionato finora, perché non provarci di nuovo? Frequentare la destra per poi fingere di domarne i demoni brandendo un ramoscello d’ulivo, incassando tutta la solidarietà del PD.

In chiusura, riteniamo opportuno divulgare ulteriormente, per una sua migliore conoscenza, il testo con cui Pupo (assieme a Spazzali) ha scoperchiato nel 2003 il vaso di Pandora, inoculando nel dibattito sul “confine orientale” le ambigue e scarsamente strutturate definizioni di “negazionismo e riduzionismo” delle foibe (andate col tempo arricchendosi di picchiettature di giustificazionismo e sfumature di nostalgismo):

Si tratta di un testo in cui al posto di una critica circostanziata del metodo seguito e degli errori commessi dagli autori indicati, doverosa in questi casi, abbondano considerazioni generiche e arbitrarie in assenza di precisi riferimenti ai testi.
Eppure Pupo ha dato recentemente prova di ritenere che Cernigoi non dovesse avere poi tutti i torti. Proprio nel Vademecum, infatti, si legge, nella parte dedicata alla “foiba” di Basovizza, che essa «venne probabilmente utilizzata per gettarvi le salme di diverse centinaia di prigionieri italiani fucilati nei pressi». Parola di Raoul Pupo. Uno dei massimi esperti delle foibe. Probabilmente.

Ribadiamo che non è in discussione la solidarietà all’Istituto Regionale per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Trieste, ma la solidarietà non basta. C’è bisogno di un Istituto che ritorni ad essere forte e indipendente per contrastare gli attacchi che questo governo e questa temperie politica stanno scoccando all’antifascismo, all’antirazzismo, all’antisessismo. Ad essere sotto attacco sono infatti tutte quelle realtà che interpretano questi valori anche seguendo il dettato costituzionale. Doveroso quindi il sostegno a chiunque, con gli strumenti scientifici della storiografia, si impegna a preservare e rinnovare la storia del nostro passato resistenziale, compresi gli altri soggetti citati nella mozione.

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Nicoletta Bourbaki
Nicoletta Bourbaki

Written by Nicoletta Bourbaki

Nicoletta Bourbaki è un gruppo di lavoro sul revisionismo storiografico in rete e sulle false notizie a tema storico, nato nel 2012 su Giap.

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