Quanto è «più complessa» la «questione del confine orientale»?

La storiografia e noi: lettera aperta alla presidenza e alla segreteria nazionale ANPI

Nicoletta Bourbaki
6 min readFeb 15, 2021

[Ospitiamo una riflessione che ci è arrivata dalla sezione ANPI Pavia Centro- Onorina Pesce Brambilla]

Capita che il timore del pubblico giudizio, o del giudizio del potere, sia più forte del coraggio della verità. Allora, per timore o per opportunità, ci si autocensura. Si tace, o si fa tacere.
Negli ultimi giorni, la sezione ANPI Brescia Centro-Caduti di Piazza Rovetta è stata il bersaglio di scomuniche e condanne a mezzo stampa. Qual è la sua colpa? Aver riportato una citazione.

Come sanno molti frequentatori di Twitter, il profilo della sezione ANPI Brescia Centro (@anpibscarmine) è uno dei più attivi account dell’ANPI, e condivide quotidianamente tweet di argomento storico e di attualità. Il 9 febbraio scorso, la sezione bresciana pubblica senza commenti alcuni passaggi del libro di Eric Gobetti, E allora le foibe?, corredandoli con l’immagine delle pagine da cui sono tratti. Ecco i passaggi:

«Questo libro nasce da un’urgenza. […] Impedire che il giorno del ricordo diventi una data memoriale fascista, togliere ai propagandisti politici il monopolio delle celebrazioni».
«Basovizza non è tecnicamente una foiba, ma un pozzo abbandonato. […] Non ci sono prove documentarie certe che vi siano avvenute esecuzioni o vi siano sepolte vittime delle epurazioni».
«In questo senso i volumi qui citati [in bibliografia] possono essere considerati tutti — compreso il mio — “#negazionisti”. Perché negano il falso storico».

Com’è facile immaginare, il presidente leghista della regione Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga è lontanissimo dalle posizioni dell’ANPI. Il 25 aprile 2019 l’ANPI di Trieste, esclusa dalla tradizionale celebrazione ufficiale tra le mura della Risiera di San Sabba, aveva organizzato una manifestazione nelle strade adiacenti all’ex campo di concentramento nazista. Fischiato dalle antifasciste e dagli antifascisti in corteo, Fedriga aveva commentato: «Per me è una medaglia se mi fischiano gli estremisti di sinistra».
Il 9 febbraio di quest’anno, Fedriga legge il tweet di ANPI Brescia Centro su Basovizza, e subito agita l’immancabile accusa di negazionismo, twittando così:

Adesso basta! Mi auguro che ANPI Nazionale intervenga subito e tutte le forze politiche condannino affermazioni di tale gravità. Con l’avvicinarsi del 10 febbraio il rigurgito negazionista trova sempre, purtroppo, qualche voce disposta ad utilizzarlo.

Dopo qualche tempo, Anpi Brescia Centro rimuove il suo tweet.
La vicenda prima finisce sul Giornale di Brescia, poi sconfina nei media nazionali. Arriva la condanna della destra bresciana, che chiede al sindaco Delbono di mettere alla gogna la sezione “Caduti di Piazza Rovetta”. Ma arriva anche la scomunica dell’ANPI provinciale di Brescia, che il 10 febbraio emana un comunicato immediatamente ripreso sui profili social dell’ANPI nazionale. Il testo è sorprendente:

L’Anpi provinciale di Brescia prende formalmente le distanze dal Tweet pubblicato in occasione del Giorno del Ricordo sul profilo Twitter della sezione Anpi “Caduti di Piazza Rovetta”, nel quale — in modo improprio e fuori contesto — è stato trascritto un breve stralcio tratto dal saggio di Eric Gobetti “E allora le foibe?”, che, peraltro, non rende giustizia neppure alla serietà del lavoro di quest’ultimo. Si tratta di un’uscita dalla quale ci dissociamo, che — purtroppo — ha immediatamente prestato il fianco a facili strumentalizzazioni […]. La nostra associazione è impegnata da tempo nella diffusione della conoscenza storica della complessa vicenda del confine orientale; non possiamo permettere che l’autorevolezza dell’Anpi sia compromessa da voci stonate e fuori luogo.» In chiusura, la minaccia di ricorrere agli strumenti disciplinari: «il Comitato provinciale dell’Anpi si riserva di compiere accertamenti rispetto a quanto accaduto, senza escludere il ricorso ai rimedi che — in questi casi — lo statuto dell’associazione contempla.

Va detto anzitutto che il tweet dello scandalo era perfettamente contestualizzato ed era chiarissimo. Faceva infatti parte, lo si è visto, di una piccola serie dedicata al libro di Gobetti, tra l’altro retwittata in parte dal profilo dell’ANPI provinciale di Brescia. Inoltre, ANPI Brescia Centro si occupa da tempo della vicenda del confine altoadriatico. Il 22 febbraio 2020, ad esempio, ha organizzato un incontro dal titolo Dalle storie alla storia. Manipolazioni e strumentalizzazioni delle complesse vicende del confine orientale, con ospiti gli storici Piero Purich, Sandi Volk e Andrea Martocchia; un incontro promosso dalla stessa ANPI provinciale di Brescia. A far apparire “fuori contesto” quel tweet (anzi: a non farlo apparire del tutto) è semmai il comunicato, che non ne riporta il contenuto, ma lo critica. In questo modo, chi legge il comunicato e non conosce il tweet di partenza non può sapere quali fossero le affermazioni criticate; deve fidarsi che sono sbagliate. Il punto dirimente è però un altro, e cioè che il tweet di ANPI Brescia Centro contiene affermazioni vere. Le affermazioni sono due. Una corrisponde a una verità lessicale, l’altra a una verità storiografica.

La prima affermazione: «Basovizza non è tecnicamente una foiba, ma un pozzo abbandonato».
È un fatto che quello di Basovizza è un pozzo minerario: quindi lo si definisce foiba solo impropriamente e per estensione, essendo le foibe cavità naturali. Sull’uso della terminologia non ci sono dubbi. Questo è l’incipit del capitolo “Foiba di Basovizza” del vademecum per il Giorno del Ricordo, pubblicato a cura di Raoul Pupo dall’Istituto regionale per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea del Friuli Venezia Giulia (IRSREC FVG):

in realtà non si tratta di una foiba (abisso carsico), bensì di una cavità mineraria (pozzo della miniera), di grandi dimensioni (larga una decina di metri, profonda più di 250).

La seconda affermazione: «Non ci sono prove documentarie certe che [a Basovizza] siano avvenute esecuzioni o vi siano sepolte vittime delle epurazioni».
In storiografia l’incertezza viene variamente interpretata, ma che le fonti siano lacunose è pacifico. Tant’è che ogni asserzione al riguardo è formulata dubitativamente. Vale la pena citare ancora dal vademecum dell’IRSREC FVG, dato che esprime la posizione fatta propria da ANPI Nazionale. Il capitolo “Foiba di Basovizza” prosegue in questo modo:

nella prima decade di maggio del 1945 venne probabilmente utilizzata per gettarvi le salme di diverse centinaia di prigionieri italiani fucilati nei pressi. Testimonianze concordi parlano dei processi sommari tenuti nell’arco di un paio di giornate a carico di alcune centinaia di uomini arrestati a Trieste, pare in massima parte membri della Questura. Ai processi seguirono le fucilazioni collettive e l’occultamento dei cadaveri nel pozzo e forse anche in alcune altre foibe vicine.

Senza entrare nel merito dell’interpretazione (che va però confrontata almeno con le ricerche di Jože Pirjevec: si veda il suo Foibe. Una storia d’Italia, pubblicato da Einaudi nel 2009), la cautela con cui vengono espressi i giudizi basta a farsi un’idea delle incertezze: «venne probabilmente utilizzata per gettarvi le salme»; « pare in massima parte membri della Questura»; « forse anche in alcune altre foibe vicine.»

Davvero non si capisce come l’ANPI provinciale di Brescia, e sulla sua scorta l’ANPI Nazionale, possano considerare “voce stonata e fuori luogo” un tweet che contiene queste due affermazioni incontestabili. Se c’è qualcosa che rischia di compromettere l’autorevolezza dell’ANPI, per riprendere le parole del comunicato, è questo atteggiamento costantemente sospettoso, questa strisciante sfiducia per tutto quanto non emani dai vertici dell’associazione. Sospetto e sfiducia che già si avvertivano nella circolare spedita pochi giorni fa dalla segreteria nazionale ANPI alle sezioni locali, in cui si raccomandava, «per evitare ulteriori polemiche», che alle eventuali iniziative per il Giorno del Ricordo partecipassero «oratori nazionali ANPI che abbiano una specifica competenza». La raccomandazione suonava tanto come una diffida dall’invitare certe storiche e certi storici, da anni oggetto delle intimidazioni e delle minacce dei fascisti e delle varie destre più o meno radicali.

L’ANPI Brescia Centro avrebbe meritato solidarietà; sarebbe bastato pochissimo per smontare le accuse che le sono state mosse, per mostrare quanto fossero inconsistenti e pretestuose. Invece si è scelta la via più comoda e più breve: dissociarsi, per il buon nome dell’organizzazione. Con l’ovvio risultato di abbandonare la sezione bresciana al linciaggio, proprio nel momento dell’anno in cui le destre soffiano di più sul fuoco dell’ideologia patriottarda, ravvivano l’odio antipartigiano, scatenano la caccia al negazionista delle foibe. È sconfortante vedere che, in pieno clima da 10 febbraio, ANPI addita coram populo una sua sezione locale, addossandole una colpa inesistente.
Il 19 gennaio scorso, l’ANPI nazionale ha organizzato un convegno dal titolo 1941: l’aggressione, l’Italia fascista in Jugoslavia, a cui hanno partecipato storiche e storici sloveni, croati e italiani, tra gli studiosi più autorevoli delle vicende altoadriatiche. A giudicare dalle cronache pubblicate, si direbbe che questo convegno sia il punto più alto raggiunto da ANPI nell’approfondimento della «più complessa questione del confine orientale». Si tratta di uno sforzo meritorio, del quale occorre però essere all’altezza. Se si cede alla pressione di una qualunque accusa strumentale di negazionismo e si indica pubblicamente il bersaglio contro cui indirizzarla, quel lavoro teorico è fatto in vano: non si traduce in pratica. È il momento di smettere di arroccarsi in posizione difensiva, a traino e sotto il ricatto del discorso foibologico dominante: bisogna avere il coraggio di rilanciare in avanti, di intervenire nel merito dei fatti, se si vuole sperare che quel discorso cambi di segno.

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Nicoletta Bourbaki

Nicoletta Bourbaki è un gruppo di lavoro sul revisionismo storiografico in rete e sulle false notizie a tema storico, nato nel 2012 su Giap.