Salutiamo Luca, Wu Ming 3
«la sala Stabat Mater dell’Archiginnasio stracolma per il ventennale di Q. Chi c’era la ricorderà finché campa». L’ha scritto poco fa Wu Ming su Giap, ed è così. C’eravamo anche noi, c’erano alcuni di noi: era il 4 giugno 2019, un martedì. All’inizio dell’incontro, prima che prendessero la parola Adriano Prosperi e Carlo Ginzburg, Luca Di Meo aveva letto l’incipit del romanzo: Wu Ming 3 aveva letto l’incipit del romanzo. Luca leggeva spesso l’incipit del romanzo, tanto che nella memoria di molte e molti di coloro che hanno un rapporto profondo con quel libro, le parole «nell’affresco sono una delle figure di sfondo…» hanno la voce di Luca. Molte delle cose che Luca scriveva, in effetti, sembravano accordate al suono di quell’incipit. Il «Di Meo touch» era riconoscibilissimo: anche nelle pieghe delle più sciolte (o delle più concitate) discussioni in rete: la L con cui firmava i suoi pezzi nemmeno serviva, perché la firma di Luca era il suo stile; la sua vera identità, l’unica identità che conti davvero qualcosa. La dote per cui lo si sta ricordando in queste ore, infatti, è il talento, «il talento purissimo». Anche modellare un alter ego social memorabile, Il Mentalista, autore di espressioni di culto nella nostra bolla, un turpiloquio creativo, comico e liberatorio, anche quello era talento: anche quello era stile, anche quello dev’essere ricordato, come stanno facendo in tante e tanti, negli ambienti online che aveva frequentato. Chi ha detto che lo stile debba essere solo il registro lirico? Registro che, comunque, Luca possedeva al massimo grado.
Q è «il romanzo che ci avrebbe cambiato la vita», ha scritto ancora Wu Ming. L’ha cambiata anche a noi: è una delle ragioni per cui siamo qui, a fare quello che facciamo. Uno dei compagni che l’hanno scritto adesso non c’è più. Con l’amore degli insorti l’abbiamo amato, e ora lo salutiamo.