Un accostamento aberrante. Come il culto di Norma Cossetto sta deturpando la storia
Il 5 ottobre a Gorizia si assisterà all’ennesima puntata della serie “La memoria condivisa e i suoi guasti”.
Davanti al liceo classico in lingua italiana verrà scoperta una targa dedicata a Norma Cossetto e a Milojka Štrukelj, entrambe ex allieve della scuola, «vittime di opposte ideologie». La cerimonia è organizzata dall’ANVGD (Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia) col patrocinio del comune, come atto di conciliazione tra memorie divise.
La prima delle due donne, in Italia, è molto nota: la si racconta giovane universitaria, uccisa e gettata in una foiba dai partigiani jugoslavi il 4 o il 5 ottobre 1943, ed è diventata fin da subito per la destra “martire delle foibe” per antonomasia. Quello che i resoconti quasi sempre fantasiosi e storiograficamente più che discutibili dimenticano di dire è che Norma era un’accesa fascista. Dopo l’8 settembre 1943 l’intera famiglia Cossetto aveva ribadito la propria fedeltà all’alleato hitleriano. Giuseppe Cossetto (padre di Norma e gerarca del regime in Istria) e altri parenti partecipavano in armi ai rastrellamenti nazisti.
Sconosciuta nel resto d’Italia è invece Milojka Štrukelj. Goriziana di lingua slovena, nel 1941 si unì, a 16 anni, alle organizzazioni clandestine dell’antifascismo sloveno. Nel 1942 fu arrestata e detenuta prima a Trieste, poi a Regina Coeli a Roma, successivamente al Coroneo di Trieste e infine a Trento. Alla caduta del fascismo, appena maggiorenne, aveva già passato in carcere più di un anno. Dopo l’8 settembre 1943 raggiunse i partigiani nella zona libera di Cerkno. Morì il 27 gennaio 1944, con altre 48 ragazze e ragazzi, in seguito a un attacco tedesco contro la scuola per quadri organizzata dal partito comunista sloveno nella zona libera.
Ci troviamo insomma di fronte alla solita ricerca di un’impossibile par condicio tra fascismo e antifascismo, questa volta attraverso la beatificazione ed equiparazione di due giovani donne, accomunate, secondo i promotori, dal fatto di essere “vittime”. È un uso della storia — o meglio: di una versione mistificatoria della storia — che respingiamo con forza.
Norma Cossetto e Milojka Štrukelj non furono «vittime di opposte ideologie». Furono giovani donne che avevano scelto consapevolmente da che parte stare: la prima dalla parte del fascismo e dell’oppressione, la seconda dalla parte dell’antifascismo e della lotta di liberazione. È proprio questo “dettaglio” ad aver reso per decenni la figura di Norma Cossetto inutilizzabile fuori da certi ambienti. Infatti i custodi della “memoria esule” hanno dovuto cercare di associarla in qualche modo alla figura di qualche antifascista: prima a Concetto Marchesi, ora addirittura alla “slavocomunista” Milojka Štrukelj.
Non deve d’altra parte sfuggire che Milojka Štrukelj fu uccisa dai nazisti, non dai fascisti. È questo secondo “dettaglio” a renderla (quasi) digeribile anche ai revanscisti dell’ANVGD, che invece non accetterebbero mai di celebrare, ad esempio, Lojze Bratuž o Mirko Brezavšček, vittime inermi del terrore fascista a Gorizia in tempo di pace.
L’antifascismo mainstream purtroppo non è più capace di cogliere questa debolezza del revanscismo esule, che è sempre in bilico tra nostalgia del fascismo e ricerca di una legittimazione antifascista. Capita così che la targa “bifronte” sia accolta in modo positivo anche da ambienti politici progressisti e dall’associazionismo sloveno, convinti che una piccola concessione con retrogusto al veleno sia un passo importante verso il superamento di una memoria ufficiale a senso unico (quello del nazionalismo italiano) e verso la riconciliazione tra le diverse comunità nazionali che vivono a Gorizia.
Ci permettiamo di suonare noi la sveglia. Nei prossimi giorni si sentirà dire che Norma Cossetto fu arrestata il 26 settembre 1943 e che dopo una settimana di torture fu infoibata sol perché italiana. È falso. Norma Cossetto fu arrestata dai partigiani il 2 ottobre 1943 perché fascista e appartenente a una famiglia di spicco del collaborazionismo. Insieme ad altri 25 prigionieri, fu uccisa due giorni dopo, dai partigiani che cercavano di sfuggire ai rastrellamenti nazifascisti successivi al bombardamento di Pisino da parte dell’aviazione tedesca, nel contesto dell’Unternehmen Istrien, l’invasione su vasta scala dell’Istria da parte della Wehrmacht sotto il comando di Erwin Rommel.
Di questo e di molte altre cose abbiamo scritto su Giap lo scorso aprile, concludendo un’inchiesta durata anni e che invitiamo a (ri)leggere. In particolare, invitiamo a leggere con attenzione la parte finale dell’ultima puntata, in cui abbiamo ricostruito il ruolo della Xª Mas nella creazione della vulgata sulle foibe, che oggi è diventata verità di stato soprattutto grazie a personalità “progressiste” come Violante e Fassino.